Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo VII by J.C.L. Simondo Sismondi

Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo VII by J.C.L. Simondo Sismondi

autore:J.C.L. Simondo Sismondi [Sismondi, J.C.L. Simondo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-09-30T22:00:00+00:00


Di tutte le case sovrane che avevano esistito tra le Alpi e gli Appennini dopo la caduta delle repubbliche, più non eranvene che quattro le quali non fossero state spogliate de' loro stati dai Visconti; queste erano le case di Savoja, di Monferrato, dei Gonzaghi e d'Este. Amedeo VII, detto il Rosso, conte di Savoja, unicamente occupato degli intrighi e delle guerre della Francia, evitò ogni cagione di rottura col conte di Virtù[432]. Teodoro II, marchese di Monferrato, cui Giovan Galeazzo aveva tolto Asti ed altre importante piazze, fu egli medesimo in certo qual modo fatto prigioniere nella corte del signore di Milano dalla sua più tenera infanzia fino al 1400[433]. Francesco di Gonzaga governava Mantova dopo il 1382; ma non si conservava in questo principato che mercè la più ossequiosa deferenza a tutte le volontà di Giovanni Galeazzo. Aveva preso parte a tutte le sue alleanze, ed a tutte le sue guerre, senza sperarne altro vantaggio che quello di protrarre più in là l'epoca in cui sarebbe ancor esso spogliato de' suoi dominj[434]. Nella famiglia d'Este il marchese Alberto era succeduto, il 26 marzo 1388, a suo fratello Niccolò in pregiudizio d'Obizzo, figlio d'un suo fratello maggiore che gli era premorto[435]. Alberto, dietro le suggestioni di Giovan Galeazzo, presso di cui erasi recato a Milano, fece tagliare la testa ad Obizzo ed a sua madre accusati d'avere contro di lui tramata una congiura; fece bruciare la sposa di questo sventurato, appiccare uno de' suoi zii, tenagliare e porre alla tortura molti de' loro confidenti[436]. Dopo tali atrocità il marchese di Ferrara, resosi esoso ai popoli ed ai principi, non poteva ad altri fidarsi che a Giovan Galeazzo, che gliele aveva fatte commettere, e non agiva che a seconda de' suoi consiglj o de' suoi ordini.

Le altre famiglie, un tempo sovrane, erano tutte state spogliate de' loro stati dai Visconti: i Coreggio, i Rossi, gli Scotti, i Pelavicini, i Ponzoni, i Cavalcabò, i Benzeni, i Beccaria, i Languschi, i Rusca, i Brusati, o più non esistevano, o non avevano autorità negli stati altra volta sottomessi ai loro antenati. La casa Visconti era succeduta sola a tutta la loro potenza, come a quella degli Scala e dei Carrara.

Se i comuni di Toscana fossero stati uniti dalla considerazione de' loro pericoli, avrebbero potuto sostenere con pari forze la lotta col conte di Virtù; ma la sola Firenze sapeva calcolare nelle sue viste la politica dell'Italia e dell'Europa intera. Le altre città, invece di stare in guardia contro il nemico d'ogni libertà, erano gelose della sola Firenze, e le imprudenti loro passioni favoreggiavano i progetti del tiranno che voleva ridurle in servitù.

Gli stati d'Italia, esposti alle invasioni di Galeazzo, non potevano sperare soccorso dal rimanente dell'Europa. L'impero era venuto in mano del più debole, del più spregevole de' principi, Wenceslao, indegno figlio di Carlo IV, il quale pure aveva anche tanto degenerato dai suoi gloriosi antenati. La Francia, durante la minorità e la pazzia di Carlo VI, trovavasi in preda ad un'anarchia, nella quale si videro ben presto nascere le funeste fazioni dei duchi di Borgogna e d'Orleans.



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